Educare bambini e ragazzi alla TV
L’effetto che la TV esercita assume una valenza positiva o negativa in base al modo in cui genitori e figli partecipano criticamente al suo uso e consumo. La vera domanda da porsi non è "quanto" guardarla, ma piuttosto "come"...
Molto spesso i genitori si interrogano sugli effetti che essa esercita sui loro figli, su bambini e ragazzi, e cercano di comprendere quali aspetti positivi e negativi si celino dietro la tv; tra i loro dubbi ce n’è uno che si ripropone in modo ricorrente: per quanto tempo mio figlio può guardare la tv?
Certamente, è piuttosto rilevante il modo nel quale essa può condizionare le persona; tuttavia, è utile riflettere sul fatto che la TV in sé non fa né bene né male alle persone. Ad esempio, la televisione assolve a numerose funzioni utili e in sé edificanti, come la diffusione di notizie, l’approfondimento culturale, l’intrattenimento e l’informazione in ambiti che altrimenti sarebbero sconosciuti ai più.
Naturalmente questo può essere fatto bene o male, ma l’effetto che essa esercita sulle persone assume una valenza positiva/negativa anche (o, forse, soprattutto) dal modo in cui le persone (il genitore e il bambino) partecipano criticamente al suo uso e consumo.
Si pensi, per esempio, all’uso che ne possono fare a casa i genitori, con i loro figli.
Se da un lato vi è la comodità di lasciare che la tv assorba il bambino mentre mamma e papà si occupano delle loro faccende, è bene riflettere sugli effetti che la televisione può avere sul bambino. Ciò dipende da come, quando e quanto succede che il bambino venga lasciato liberamente vederla, ma soprattutto dal significato che viene trasmesso al bambino sulla fruizione di quello strumento. In fin dei conti di questo si tratta, di uno strumento o, meglio, di un veicolo di informazioni, di stimoli, di sensazioni.
Per quante ore al giorno il bambino può guardare la tv? Il quesito è evidentemente mal posto. Premesso che la visione quotidiana per tante ore ha senza dubbio degli effetti negativi, possono essere spesi male anche soli quindici minuti e possono essere di grande valenza tre intere ore di visione. Dipende da che età ha il bambino/ragazzo, da quale programma si stia guardando e da molte altre variabili.
Risulta piuttosto difficile quantificare aspetti come questi, è più pragmatico analizzarli e descriverli; è quindi più importante riflettere su come il bambino vada educato a fruire dalla tv, rispetto ai soli contenuti trasmessi. Peraltro, ogni bambino reagisce a modo suo, e di fronte ad uno stesso programma, alcuni bambini si sovraccaricano, altri si scaricano.
Ad un genitore si potrebbe suggerire quanto meno di vedere di tanto in tanto la tv con suo figlio/a, magari facendone oggetto di una successiva discussione, di uno scambio di idee. Non in modo opprimente, sia chiaro, ma saltuariamente; di certo monitorando con costanza/a distanza il tempo che il bambino vi dedica e, soprattutto, il modo in cui egli vive quell’esperienza (è sereno? è nervoso? si diverte? …), i programmi che segue e quelli che non gradisce.
Oltre a questo, sarebbe utile suggerire al genitore di riflettere su che ruolo eserciti la televisione all’interno delle relazioni famigliari: è un riempitivo? Occupa il tempo per riempire il silenzio che altrimenti ci sarebbe? Stimola la conoscenza, gli approfondimenti e la discussione? Crea occasioni di complicità? Viene affrontata con spirito critico? Crea assuefazione (specie nei momenti quotidiani che si presterebbero alle interazioni famigliari: il pranzo, la cena, ecc.)?
Esistono certamente numerose altre fonti di stimolo da poter proporre a un bambino, tuttavia la televisione non va demonizzata in quanto tale; al più, si può ritenere problematico (e, quindi, oggetto di grossa attenzione da parte di specialisti dell’educazione) l’uso che della televisione viene fatto in tante occasioni della vita domestica. Su questo è opportuno che si interroghi il genitore; su questo va supportata la famiglia, così da rendere ogni aspetto della propria vita promozionale per la crescita del bambino e all’evoluzione della coppia.
Dott. Pierluigi Benes, Pedagogista clinico qualificato Uniped, www.pedagogistaonline.it